(ART. PUBBLICATO DAL GIORNALE DI BRESCIA) A sei settimane dalle elezioni europee, i principali candidati e candidate alla Presidenza della Commissione europea si sono incontrati lunedì sera a Maastricht, per un primo dibattito elettorale organizzato da Politico Europe e Studio Europa ; è dal 2014 che questo dibattito viene organizzato, con l’intento dichiarato di « svegliare » la dimensione europea delle campagne elettorali per l’europarlamento, che rimangono per lo più elezioni nazionali. I media italiani hanno totalmente ignorato questa occasione, preferendo estendersi in mille dettagli sulla fondamentale questione del nome “Giorgia”, “Elly” o il “generale” sulla scheda. Peccato. È stata un'ora e mezza di dibattito non-stop, spesso vivace, a volte persino un po’ bizzarro, reso meno acceso dal fatto che alcuni candidati parlavano un inglese non troppo scorrevole; giornaliste piuttosto agguerrite hanno posto domande in parte scelte dal pubblico e le risposte dovevano rispettare tempi “europei”.
Sul palco c'erano i candidati capolista dei diversi partiti europei alla presidenza della Commissione: la Presidente uscente Ursula von der Leyen (tedesca, Partito Popolare Europeo), Nicolas Schmit (lussemburghese, Partito dei Socialisti Europei), Marie-Agnes Strack-Zimmermann (tedesca, Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa), Bas Eickhout (olandese, Partito Verde
Europeo), Anders Vistisen (danese, Partito Identità e Democrazia), Walter Baier (austriaco, Partito della Sinistra Europea), Maylis Roßberg (tedesco, Alleanza Libera Europea) e Valeriu Ghilețchi (moldavo, Movimento Politico Cristiano Europeo).
Il dibattito, “vinto” secondo gli spettatori in sala e online da Bas Eickhout seguito da Ursula Von der Leyen, si è focalizzato soprattutto sul bilancio di Ursula Von der Leyen, e in particolare Green Deal, guerra in Ucraina e Gaza, migrazione, ma anche riforme economiche, misinformazione e corruzione e democrazia europea.
Quattro i punti usciti dal dibattito: innanzitutto, Ursula Von Der Leyen non ha affatto escluso la possibilità di un accordo post-elettorale con la destra meloniana di ECR, in una apertura mai fatta esplicitamente fino ad ora. Però poi, come tutti gli altr@ candidat@ sul palco, ha attaccato il principale rappresentante dell'estrema destra, l'eurodeputato Anders Vistisen del Partito Popolare Danese: eppure, Ucraina a parte, non ci sono differenze cosi rilevanti in termini di proposta e di approccio su Green Deal, diritti, futuro dell’Europa o migrazioni fra il Partito di Salvini e Le Pen e quello di Giorgia Meloni…
Secondo, il tema delle migrazioni rimane un tema di netta divisione: come indicato nel programma del PPE ma anche nelle sue concrete azioni in Tunisia e Albania fianco di Giorgia Meloni, la Presidente non ha escluso soluzioni per i migranti molto simili a quelle prospettate dal Regno Unito, che, ricordiamo, ha deciso di spedire alla modica somma di 2 milioni di euro (!!) a persona tutto incluso i richiedenti asilo in Ruanda, mentre sia socialisti che i verdi hanno puntato su regole per la migrazione legale.
Terzo, tutti e tutte, estrema destra compresa, hanno rivendicato l’impellente necessità di agire sui cambiamenti climatici. Ursula Von der Leyen si è difesa in modo tutto sommato efficace dalle accuse di diluizione e negazione della transizione verde, rivendicandone i risultati e ripetendo più volte che questa è una agenda economica e l’unico futuro per la competitività europea. Quindi, nonostante la fiducia di molti esponenti di governo italiano che un cambio di maggioranze porterà ad una completa virata anti-verde, pare invece che non sarà così semplice fermare le politiche climatiche della UE. Quarto, nonostante il fatto che la Presidente, che è tedesca, abbia risposto, come tutti, che sono necessari strumenti europei anche per attirare gli investimenti privati per finanziare la transizione verde e digitale, e nuove misure di sicurezza e difesa, questo rimane un tema ancora completamente aperto e molto controverso; come ben sottolineato dall’esponente della Sinistra, resta anche una forte contraddizione fra la necessità impellente di investimenti molto ingenti e le decisioni sul nuovo patto di stabilità che richiuderanno ben presto gli stati membri nella prigione dell’austerità di bilancio.
Il dibattito è stato insomma uno spaccato interessante delle tematiche e delle priorità della politica europea che stanno di fronte ad elettori ed elettrici: è urgente organizzarne tanti altri: perché non c’è elezione democratica senza confronto esplicito su temi concreti.
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