Un’altra estate torrida sta finendo in Europa con danni calcolati di 43 Midi di euro (11,9 in Italia il paese più colpito) e 16.500 morti premature dovute per lo più al caldo,(di cui piu di 4500 in italia), ma i governi della UE continuano a puntare i piedi sulle prospettive future della lotta ai cambiamenti climatici. Pomo del contendere in queste settimane e’ la revisione della Legge sul clima e in particolare la proposta della Commissione che, in ritardo di più di un anno, ha proposto a luglio un target di riduzione delle emissioni del 90% al 2040, più o meno in linea con la traiettoria di emissioni zero nel 2050. Al Consiglio Ambienten di due giorni fa, i Ministri dell’ambiente si sono messi d’accordo su una vaga “dichiarazione di intenti”e hanno rinviato al Consiglio europeo del 24 ottobre la discussione sul 2040.
Ma come siamo arrivati a questo fiasco?
Approvata nel 2021 la Legge sul Clima ha definito l’obiettivo zero emissioni nette per il 2050 e il target intermedio di riduzione delle emissioni del 55% al 2030. Si è deciso di definire in seguito il target intermedio del 2040.
La realizzazione dell’obiettivo al 2030 è stato il focus principale delle norme adottate nella scorsa legislatura, dalle rinnovabili, all’efficienza energetica, agli edifici, alla tassonomia, e ingenti risorse anche nel NExt generation Eu.. e..i risultati ci sono.
Nonostante i profeti di sventura e coloro che continuano a parlare di “follia” del Green Deal non ne riconoscano la rilevanza, alle emissioni che si riducono sono anche corrisposti in questi anni notevoli progressi nella crescita di rinnovabili, accumuli, batterie ed elettrificazione, e anche nuovi posti di lavoro; insomma siamo su una traiettoria virtuosa che renderebbe del tutto assurdo anche economicamente rallentare; è un fatto che in questi anni i piani nazionali, valutati dalla Commissione nel maggio 2025, se presi collettivamente, segnalano che siamo al 54% di riduzione delle emissioni al 2030, in linea con l’obiettivo del 42% di aumento del consumo delle rinnovabili e leggermente indietro nell’aumento dell’efficienza energetica, soprattutto per ritardi e/o divergenze sui sistemi di calcolo di Italia, Spagna e Svezia. Secondo altri studi, i numeri sono meno positivi, ma comunque il ruolo della legislazione e della concentrazione di sussidi e investimenti è stato indispensabile per accelerare la transizione.
La definizione del target intermedio del 2040, che sarebbe dovuto logicamente discendere dal precedente, è apparso subito molto complicato; soprattutto perché la Commissione ha commesso un grave errore strategico, decidendo di rinviare di più di un anno la presentazione formale della sua proposta di revisione della legge sul clima, fino al luglio di quest’anno, nell’illusione di potere trovare un accordo con gli stati membri prima.
Non solo non ci è riuscita, ma l’arrivo di Trump e l’obiettivo rafforzamento di forze politiche negazioniste hanno reso molto più complicato un accordo praticamente acquisito mesi fa.
Quindi, a causa del mancato accordo sul 2040, l’UE si avvia allegramente verso una figuraccia globale, dato che dopo anni di notevoli sforzi e di leadership sul clima non riuscirà a presentarsi a New York il 30 settembre con numeri in ordine per la definizione dei contributi nazionali di riduzione delle emissioni, conformemente all’accordo di Parigi che l’UE ha tanto contribuito a definire; proprio adesso con l’emergenza
climatica sempre più presente e la politica negazionista di Trump aprirebbero spazi di azione e anche di business che rischiano di continuare a finire in Cina.
E cosi, grazie in particolare a Polonia, Francia, Italia la Presidenza danese non fa potuto fare approvare un accordo vincolante e definitivo, ma si è dovuta accontentare di una triste “dichiarazione di intenti”nella quale si è definita una forbice di riduzione delle emissioni al 2035 tra il -66,25% e il 72,5%. Questi paesi hanno imposto che il target 2040 fosse discusso al Consiglio Europeo del 24 ottobre. Perché? Perché al Consiglio europeo si decide all’unanimità e fonti ben informate ci dicono che la partita del clima è direttamente collegata a quella del bilancio che sarà anche quello parte della discussione tra i capi di governo . Il 35% del prossimo bilancio UE secondo la proposta della Commissione dovrà andare a finanziare politiche sul clima e ambiente; e ovviamente ognuno vuole farci entrare le sue priorità… nucleare, gas in tutte le salse, reti, bio e e fuels, idrogeno non sempre verde, aiuti alle imprese etc etc… Quindi l’accettazione del target 2040 pare direttamente collegato anche alla possibilità di aprire i cordoni della borsa e sbloccare la possibilità di una sorta di nuovo “piano NGEU” e di aprire alla possibilità di nuovo debito europeo e non solo per la difesa.
Che fare? Le solite tre cose. Farsi sentire, dimostrare che non solo dal punto di vista climatico ma anche economico e sociale frenare sulle politiche e ambizioni climatiche porrà enormi ostacoli a competitività a sviluppo e costruire alleanze trasversali, imprese, società civile, amministrazioni locali, buona politica per ribaltare questo ritorno a un passato fossile e perdente.
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