Con la vittoria di Rodrigo Paz Pereira e Eamon Lara (l'originale ex poliziotto dagli occhi verdi con un messaggio populista e diretto) al secondo turno delle elezioni presidenziali del 19 ottobre 2025, la Bolivia apre un nuovo capitolo della propria storia politica. Con il 54,5% dei voti al ballottaggio, il candidato del Partito Democratico Cristiano (PDC) ha sconfitto l’ex presidente conservatore Jorge “Tuto” Quiroga, fermo al 45,5%. Il risultato segna la fine di vent’anni di dominio del Movimento al Socialismo (MAS), la forza fondata da Evo Morales, e inaugura una stagione che, nelle parole dello stesso Paz, punta a “riconciliarci con il mondo”.
Rodrigo Paz, 58 anni, è figlio dell’ex presidente Jaime Paz Zamora, che guidò la Bolivia tra il 1989 e il 1993. Economista di formazione, con studi in economia, relazioni internazionali e gestione pubblica negli Stati Uniti, è stato deputato, sindaco di Tarija per dieci anni e poi senatore. Considerato un centrista pragmatico, è riuscito a ribaltare i pronostici grazie al sostegno di classi medie e popolari, in larga parte ex sostenitrici del MAS e desiderose di stabilità dopo anni di crisi economica e istituzionale. Non si può perciò parlare di una vera e propria “svolta a destra”: anche perché in Bolivia, il voto non si orienta lungo linee ideologiche, ma dipende prevalentemente daappartenenza sociale, etnica e regionale. Basti pensare che lo stesso Quiroga, oggi rivale sconfitto, si era già presentato due volte alle presidenziali proprio con il partito che oggi ha portato Paz alla vittoria. “Spero che la Bolivia torni nel mondo e che il mondo torni in Bolivia”, ha dichiarato Paz a El País, riassumendo la volontà di rilanciare la credibilità anche internazionale del Paese.
Dal 2005, con l’elezione di Evo Morales, la Bolivia ha vissuto un lungo ciclo politico fondato su un modello statalista e redistributivo che ha garantito crescita e inclusione, in particolare per le 36 comunità indigene che compongono circa il 42% della popolazione, fino ad allora marginalizzate dal potere politico ed economico. Le politiche del MAS hanno anche favorito una significativa crescita dell’inclusione e partecipazione delle donne, tanto che oggi la Bolivia è il secondo Paese al mondo per presenza femminile in Parlamento (52%).
Diciannove anni fa ebbi l’onore di dirigere, come deputata europea, la prima missione di osservazione elettorale dell’Unione Europea in Bolivia, in occasione dell’elezione dell’Assemblea Costituente, che fu presieduta da una donna indigena, Silvia Lazarte. Ricordo bene la straordinaria energia di quella stagione: elette ed eletti indigeni arrivavano a Sucre dopo lunghi viaggi, portando con sé i colori dei loro abiti tradizionali e le loro lingue ancestrali. Fu un momento di svolta che cambiò radicalmente il sistema politico e istituzionale del Paese. Diciannove anni dopo, sono tornata in Bolivia in qualità di Presidente dell’European Centre for Electoral Support (ECES), che gestisce il progetto “Pro-Bolivia”, finanziato dall’Unione Europea, volto a rafforzare le istituzioni elettorali e contribuire a ristabilire la fiducia dei cittadini nei processi democratici, dopo i drammatici eventi del 2019, che portarono all’elezione contestata di Morales, alle sue successive dimissioni e fuga dal paese eall’elezione del Présidente attuale, anche lui del Mas, Luis Arce, nel2020.
La campagna del primo e del secondo turno si è svolta in un clima polarizzato, con una “guerra sucia” alimentata da sondaggi inaffidabili e disinformazione sui social. Il voto, come di consueto in Bolivia, si è svolto in entrambi i casi in modo pacifico e ordinato. Non si sono registrati problemi logistici né disfunzioni tecniche, a differenza di quanto accaduto nel 2019. Il lavoro del Tribunale Supremo Elettorale e del SEREPRE, sostenuto dal nostro progetto, è stato esemplare come riconosciuto da tutti gli osservatori nazionali e internazionali. Per questo sono stati superati facilmente i tentativi di denunciare frodi o irregolarità. Sono per questo particolarmente fiera del sostegno tecnico che la piccola ma fortissima squadra di ECES ha fornito al Tribunale, al mediatore, a Observa Bolivia, rete di osservatori nazionali estremamente competenti e motivati, alla Coordiandora de la Mujer, rete di 20 organizzazioni diffuse su tutto il territorio, sostegno e collaborazione ampiamente riconosciuti.
Al sollievo per elezioni ben condotte e dal risultato chiaro si accompagna però la consapevolezza di un contesto economico e sociale estremamente difficile. La storica divisione tra l’Occidente, a maggioranza indigena e più povero, e l’Oriente, economicamente più dinamico e abitato in prevalenza da popolazioni di origine europea e non indigene, si è accentuata, aggravata da una profonda crisi del carburante che da mesi paralizza il Paese. In città come Santa Cruz, Cochabamba e La Paz si formano quotidianamente file chilometriche ai distributori: automobilisti e camionisti attendono ore o giorni per rifornirsi, mentre le scorte nazionali, sono ridotte al lumicino. Le cause sono molteplici: il crollo delle esportazioni di gas naturale, la mancanza di valuta estera per pagare le importazioni di carburante e la crescente inefficienza della compagnia statale YPFB. I settori produttivi, in particolare l’agricoltura e i trasporti, sono in grave crisi: i coltivatori di soia e mais di Santa Cruz denunciano gravi perdite per l’impossibilità di utilizzare i macchinari o trasportare i raccolti. La scarsità di carburante ha fatto impennare i prezzi dei beni alimentari, alimentando il malcontento sociale. Il governo uscente di Luis Arce ha tentato di reagire con misure d’emergenza, come l’autorizzazione temporanea alle importazioni private di carburante, ma senza risultati duraturi.
A questa crisi economica si è aggiunta una crisi politica profonda all’interno del MAS, lacerato dallo scontro tra Morales e Arce e da accuse gravi all’ex presidente. Alle elezioni di agosto, il partito si è presentato diviso e senza un progetto forte, ottenendo appena il 3% dei voti. Morales, dal suo inaccessibile rifugio nel Chapare al primo turno ha invitato i suoi sostenitori a votare nullo, e il 20% delle schede nulle registrate conferma che conserva un seguito minoritario, ma reale.
In questo contesto, Rodrigo Paz ha promesso di promuovere la concordia nazionale e la collaborazione tra i partiti rappresentati in Parlamento. Appello che Quiroga ha apparentemente accolto ieri, dichiarandosi disponibile a lavorare insieme sulle « politiche di Stato ». Il programma di Paz si fonda su un modello di “capitalismo per tutti”, un’economia aperta agli investimenti privati e stranieri ma attenta alla protezione dei più vulnerabili. Prevede riduzione delle imposte, facilitazioni al credito, maggiore flessibilità del cambio e una graduale revisione dei sussidi ai carburanti, che costano al Paese circa due miliardi di dollari l’anno. “Il capitalismo per tutti sono soldi in tasca, stabilità per far scendere i prezzi e regole chiare: insomma uno Stato che ti aiuta”, ha spiegato Paz. Le sue proposte puntano a ridurre il deficit fiscale, oggi vicino al 10% del PIL, ricorrendo ai 3,5 miliardi di dollari in crediti multilaterali già approvati ma non utilizzati dal governo Arce, ed evitando di ricorrere al Fondo Monetario Internazionale, come proposto dal suo rivale Quiroga.
Altro elemento centrale del programma è l’“Agenda 50/50”, che prevede una redistribuzione equa del bilancio nazionale tra Stato centrale e regioni, oggi fortemente sbilanciato verso La Paz.Rodrigo Paz intende anche riformare lo Stato per ridurre sprechi e corruzione, sospendendo le imprese pubbliche in perdita, digitalizzando gli appalti e rivedendo il sistema giudiziario, spesso politicizzato. Pochissima attenzione, invece per la crisi climatica o le politiche ambientali.
Rodrigo Paz eredita un Paese in recessione, con scarsità di valuta, proteste latenti e infrastrutture energetiche fragili, ma la sua vittoria ha riacceso la speranza di un cambiamento, pur se il percorso sarà complesso: non dispone di una maggioranza parlamentare e dovrà costruire alleanze solide per governare.. Nel suo primo discorso da presidente eletto, Paz ha affermato: “Comincia un tempo di Speranza e impegno. La Bolivia deve tornare a credere in sé stessa.”Dopo anni di tensioni e disillusione, i boliviani e le boliviane, popolo di una gentilezza rara, ha riaffermato la forza del voto come strumento di cambiamento pacifico. È una lezione preziosa, in tempi in cui la fiducia nelle istituzioni è ovunque messa alla prova.
La Paz 22 ottobre 2025
Articolo pubblicato su Striscia Rossa https://www.strisciarossa.it/bolivia-fine-dellera-mas-rodrigo-paz-pereira-presidente-con-il-capitalismo-per-tutti/
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